martedì, settembre 26, 2006

Quando il design è sacro 2

Mi piace fare questi dibattiti kurtura con i miei cari compagnucci. Sarà anche per il fatto che mi distraggono e mi fanno dimenticare che devo fare una tesi. Comunque sia, condivido in gran parte quello che esprime Valeria nella sua opinione personale riguardo gli oggetti prodotti da questo corso a Berlino. La mia sensazione è stata che più che kitsch, quelli non erano più oggetti sacri, semplicemente. Come se nel momento in cui il cosiddetto Design Sacro (quello secondo loro) concretizza il suo obbiettivo, l'oggetto appena partorito in realtà muore come oggetto sacro e rinasce soltanto come esercizio concettuale o artistico. Ma questo in qualche modo l'aveva detto .vale. prima. Io vorrei invece, commentare una parte del brief di progetto. Dice: "Si sono evoluti (...) fino alle loro forme attuali, dove sono limitati strettamente ad un contesto spazio-temporale (es. in una chiesa come parte di una liturgia)". Di quest'ultima voglio parlare. Non è che gli oggetti sacri attualmente si siano "limitati" a far parte della liturgia. Gli oggetti sacri, o sono liturgici, o non sono. Guardate, un saggio e acuto poeta indiano, R. Tagore, commentando il cristianesimo e in particolare questo affresco di Michelangelo si domandava del perchè le dita di Dio e di Adamo non si toccassero. Maestosamente in una poesia di cui al momento non dispongo, diceva essenzialmente che in quel minuscolo spazio tra il Creatore e l'uomo c'era la liturgia. Perchè la liturgia è quello, è accedere al Mistero, a tutto quel infinito che sai che è più grande di te e ti sorpassa, e che sai che il tuo cervello non riesce a contenere. La liturgia nei suoi riti, nei suoi gesti, nei suoi ritmi (e quindi anche nei suoi oggetti) servono a questo. È la chiave di accesso al sacro, al infinito, ed è così con tutte le religioni, non soltanto la mia. L'uomo l'ha fatto da sempre. Gli shuar (piccola tribù dell'Amazonia) si svegliano tutti i giorni alle 3 am, per cantare l'uno all'altro tutta la genealogia di ogniuno (comprese le commistioni con certi animali, quali il leopardo, ritenuto una divinità mascherata) mentre bevono una bevanda particolare. Questo lo fanno i padri con i figli, i capi con i sudditi. Una trasmissione orale delle origini, che si fa tutti (dico tutti) i santi giorni. Anche questo è a suo modo una liturgia, con degli oggetti fatti apposta per il rito. Che je ne frega a loro di una eventuale "traduzione in un concetto aggiornato" della loro oggettistica sacra?

È certamente vero che la modernità tende ad allargarsi troppo, ad inghiottire tutti gli ambiti e a cercare di inglobbare anche quello che non capisce. Una certa modernità aveva deciso che la liturgia era pura scena, pura sovrastruttura e nella sua cieca palingenesi dichiarava che andava eliminata per andare al "cuore" delle cose. Questo anche in certi ambienti religiosi. Ma il "cuore" delle cose non stava nel funzionale, moderno e al-passo-con-i-tempi. Per quello la modernità è andata in crisi su tutti i campi, e se ci pensate, anche noi abbiamo fatto delle cose che ci riportano a questo antico rapporto con le cose. Non è forse una tendenza attuale quella di dare senso alle cose che si progettano, di creare delle "ritualità" intorno all'uso degli oggetti? Non siamo stati noi a parlare del rito del caffè, del rito del tè? e ci riempiamo sempre di metafore, come se avessimo dei miti ai quali ricorrere per progettare. Tutti sappiamo che l'oggetto costruito intorno ad una ritualità (o liturgia?) rende l'uso dello stesso, più intenso, più profondo, più piacevole. Un momento vissuto meglio. Per questo un oggetto sacro, generato da una specifica liturgia, serve al credente a vivere meglio la sua trascendenza. Ma contemporaneamente sappiamo che per gli oggetti quotidiani, quelle accortezze sulla ritualità sono funzionali ad agevolare una attività molto concreta e terrena. Per l'oggetto sacro invece, il senso del rito va molto oltre.

Quindi, che i moderni designer lascino in pace gli oggetti sacri. E se proprio devono, che intervengano su quel mondo, coinvolti e consapevoli di quello che significa. Come diceva lo stesso Michelangelo, (vado a memoria): "Se qualcuno mentre sta scolpendo o dipingendo un Cristo, non pensa che sta scolpendo il suo Dio, non capisco perchè lo faccia. Meglio se lascia perdere."

2 Risposte:

Blogger .ilu. ha scritto...

I tuoi discorsi non fanno mai una piega! Sarà perché ti esprimi in maniera così esaustiva che quasi dispiace doverti contraddire! Sapevo che l'argomento ti avrebbe stuzzicato. E in più mi hai spiegato molte cose che ignoravo totalmente (tipo la liturgia). Ci sarà modo di approfondire...l'argomento è complesso!

20:32  
Blogger Unknown ha scritto...

è complessissimo, direi! Comunque, se non sei tu a stuzzicarmi, chi lo farebbe?!? Brava te, che apri interessanti spunti di discussione... Ho accolto positivamente che ti senta agnostica. Credo che l'agnosticismo è un'altro modo - aperto e flessibile - di rapportarsi con il mondo, e quindi anche con le cose (non come l'ateismo, che è chiusura, una forzatura...)

ps. hai letto il mio commento al tuo commento sulla teoria del bucato?

06:38  

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